Gli
oneri fiscali sono talmente elevati che potrebbe non essere possibile coprire
gli alti livelli di indebitamento nella maggior parte del mondo occidentale. Almeno, questa è la
conclusione di un nuovo documento
dell’FMI di Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff.
Reinhart
e Rogoff hanno recentemente raggiunto la fama grazie al loro libro “Questa
volta è diverso”, in cui sostenevano
che alti livelli di indebitamento pubblico sono stati storicamente associati a ridotte
opportunità di crescita.
Come
fanno ora notare, “La mole del problema suggerisce che saranno necessarie ristrutturazioni,
ad esempio, nelle zone periferiche dell’Europa, che vanno ben al di là di tutto
ciò che è stato pubblicamente discusso fino ad ora.” Fino a questo punto nella crisi europea gli strumenti
primari utilizzati per soccorrere i paesi spendaccioni includevano aumento
delle tasse, salvataggi da parte dell’UE e dell’FMI, e tagli al debito
nazionale.
Questi
salvataggi hanno ampiamente esacerbato i problemi di debito che esistevano solo
cinque anni fa. Infatti, come sottolineano bene Reinhart e Rogoff, il Nord
Europa, una volta finanziariamente solido,
è ora sempre più incapace di continuare ad accollarsi i debiti dei
propri vicini meridionali.
Sei
paesi europei hanno attualmente un rapporto tra debito pubblico e PIL – una
metrica resa popolare da Reinhart e Rogoff per segnalare prospettive di
crescita ridotte – di oltre il 90%. I paesi che erano relativamente esenti da
indebitamento solo cinque anni fa sono ora gravati dalle coperture dei debiti
rese necessarie dai piani di salvataggio. L’Irlanda è un caso esemplificativo –
solo nel 2007 il suo rapporto tra debito e PIL era al di sotto del 25%. Sei
anni dopo è al di sopra del 120%! La “finanziariamente sicura” Scandinavia
dovrebbe tenere a mente che le sorti possono cambiare rapidamente, come è
avvenuto per la fortuna degli irlandesi.
La
crisi del debito è stata finora mitigata in gran parte dagli aumenti delle
imposte e dai trasferimenti dal “nucleo” ricco dell’Europa alla periferia. Il
problema degli aumenti delle imposte è che non possono continuare senza sosta.
In
Europa ci sono già sette paesi in cui il gettito fiscale supera il 48% del PIL. Un tempo solo la
Scandinavia era rimproverata per i suoi elevati regimi fiscali e per un vasto
settore pubblico. Oggi sia l’Austria che la Francia hanno più della metà della
loro economia incentrata sul settore pubblico e finanziata attraverso le tasse.
(Notate anche che, mentre entrambe hanno deficit di bilancio pubblico, la mole
effettiva del loro apparato statale è ancora più elevata).
Con
un elevato tasso di disoccupazione in Europa (soprattutto nelle sue zone
periferiche) i governi non possono aumentare molto gli introiti innalzando le
tasse – chi pagherebbe? Con livelli di indebitamento già elevati è discutibile di quanto si
possano incrementare le entrate da ulteriori emissioni di debito, almeno senza
aumentare i tassi di interesse e mettere in pericolo le finanze statali, già
fragili, con oneri per interessi più elevati.
Invece, Reinhart e Rogoff vedono due realtà per il
futuro dell’Europa: la repressione finanziaria tramite tassi di inflazione più
elevati e le imposte su risparmi e patrimoni. Questa volta non è diverso rispetto ad altri casi di paesi fortemente
indebitati nella storia dell’Europa – basti guardare agli esempi del dopoguerra
come casi esemplificativi. Non dite di non essere stati avvertiti.
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