23/01/14

La Cina abbandona il disastroso programma di stoccaggio del cotone; lezioni non imparate; che dire dello stoccaggio del denaro?


Inevitabilmente si verificano eventi negativi quando i governi interferiscono con i liberi mercati. Ecco un interessante esempio riguardante lo stoccaggio del cotone.

Nel 2011, la Cina ha stabilito un livello minimo per il prezzo del cotone ed ha avviato un programma di stoccaggio.

In generale, se un livello minimo (su qualunque cosa) è troppo elevato, il risultato è la sovrapproduzione e lo stoccaggio forzato.

Se un tetto è troppo basso (nella speranza di bloccare l’inflazione sui prezzi), come nel caso del Venezuela in questo momento, la merce scompare dai negozi e si sviluppa un mercato nero. (v. Anatomia dell’iperinflazione nel Venezuela; l’esercito assalta i negozi di elettronica a Caracas; in corso un collasso totale dell’economia; potrebbe avvenire questo negli Stati Uniti?)

Nel caso del cotone, la Cina ha fissato un prezzo di riferimento troppo elevato, con il risultato di una massiccia sovrapproduzione e ingenti stoccaggi. Curiosamente, come effetto è sembrato che vi fossero ammanchi nonostante le enormi scorte.

Come? Poiché il livello minimo stabilito era troppo elevato, le fabbriche tessili cinesi potevano ottenere un prezzo migliore importando il cotone. Paradossalmente, tutta la produzione cinese andava a finire nelle scorte anziché nelle fabbriche, e le fabbriche di abbigliamento cinesi erano costrette ad importare, facendo lievitare i prezzi in tutto il mondo.

Come risultato di un intervento contrario ai principi del libero mercato, la Cina si ritrova con la metà della fornitura mondiale di cotone ed inoltre con i prezzi in diminuzione.

Il Financial Times ha discusso questa situazione nell’articolo La Cina abbandona il fallimentare programma di stoccaggio del cotone.

Tuttavia, il Times ha omesso di citare i principi del libero mercato quale causa del fatto che il programma si sia rivelato un tale disastro.

Lezioni non imparate

Curiosamente, la Cina mantiene ancora un programma per lo stoccaggio dei semi di soia. Il Financial Times osserva “Un rappresentante dell’Associazione dell’Industria della Soia di Heilongjiang ha affermato che il suo gruppo sperava che sarebbe stata mantenuta una qualche rinnovata politica di stoccaggio.”

Naturalmente, i produttori vogliono i programmi di stoccaggio. Lo stoccaggio causa prezzi artificialmente alti.

Che dire dello stoccaggio del denaro?
Le banche centrali di tutto il mondo hanno alterato la fornitura di una merce ben più importante del cotone: il denaro. E ciò che vale per il cotone e per i semi di soia vale anche per il denaro e per i tassi di interesse sul denaro.

La Fed ha creato enormi bolle nella borsa nel 2000 e nel 2007 interferendo con il libero mercato. I risultati furono quelli che tutti gli economisti Austriaci si attendevano. Le bolle delle imprese dotcom e delle imprese immobiliari salirono alle stelle.

In entrambi i casi, la risposta della Fed fu piuttosto in linea con le stesse politiche che causarono le bolle. Presumibilmente la cura è la stessa politica che ha causato la malattia: aumentare l’offerta di moneta!

E come le due bolle precedenti, la Fed non riesce a vedere nemmeno questa.

Lezioni globali non imparate

Non è solo la Fed ad ignorare la situazione. La Cina accumula ogni dollaro che può, sperando di continuare a muovere la sua economia trainata dalle esportazioni a tassi di crescita artificialmente elevati. Le banche cinesi e le imprese di proprietà dello stato (SOE) sono in una forma finanziaria ben peggiore delle banche degli Stati Uniti.

In Europa, l’adozione dell’Euro è destinata a fallire. In realtà l’euro è già fallito (semplicemente, ciò non è ancora stato riconosciuto pubblicamente).

Guardandomi attorno, vedo i gestori delle banche centrali che si danno una pacca sulla schiena per aver risolto la “grande crisi finanziaria”. Tuttavia nulla è stato risolto. Decenni di bolle di ampiezza sempre maggiore nel tempo non hanno insegnato loro nulla.

Il momento in cui avverrà è incerto, ma le manipolazioni monetarie e dei tassi di interesse da parte delle banche centrali avranno lo stesso risultato della politica di stoccaggio del cotone della Cina: un disastro. Una crisi monetaria è alle porte.

Mike "Mish" Shedlock
http://globaleconomicanalysis.blogspot.com


22/01/14

Il Futuro dell’Europa: Inflazione e Imposte Patrimonial

Inviato da David Howden tramite il Ludwig von Mises Institute of Canada, 14/01/2014.
Gli oneri fiscali sono talmente elevati che potrebbe non essere possibile coprire gli alti livelli di indebitamento nella maggior parte del mondo occidentale. Almeno, questa è la conclusione di un nuovo documento dell’FMI di Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff.
Reinhart e Rogoff hanno recentemente raggiunto la fama grazie al loro libro “Questa volta è diverso”, in cui sostenevano che alti livelli di indebitamento pubblico sono stati storicamente associati a ridotte opportunità di crescita.
Come fanno ora notare, “La mole del problema suggerisce che saranno necessarie ristrutturazioni, ad esempio, nelle zone periferiche dell’Europa, che vanno ben al di là di tutto ciò che è stato pubblicamente discusso fino ad ora.” Fino a questo punto nella crisi europea gli strumenti primari utilizzati per soccorrere i paesi spendaccioni includevano aumento delle tasse, salvataggi da parte dell’UE e dell’FMI, e tagli al debito nazionale.
Questi salvataggi hanno ampiamente esacerbato i problemi di debito che esistevano solo cinque anni fa. Infatti, come sottolineano bene Reinhart e Rogoff, il Nord Europa, una volta finanziariamente solido,  è ora sempre più incapace di continuare ad accollarsi i debiti dei propri vicini meridionali.


Indebitamento pubblico generale (% PIL)
Fonte: Eurostat (
2012)
Sei paesi europei hanno attualmente un rapporto tra debito pubblico e PIL – una metrica resa popolare da Reinhart e Rogoff per segnalare prospettive di crescita ridotte – di oltre il 90%. I paesi che erano relativamente esenti da indebitamento solo cinque anni fa sono ora gravati dalle coperture dei debiti rese necessarie dai piani di salvataggio. L’Irlanda è un caso esemplificativo – solo nel 2007 il suo rapporto tra debito e PIL era al di sotto del 25%. Sei anni dopo è al di sopra del 120%! La “finanziariamente sicura” Scandinavia dovrebbe tenere a mente che le sorti possono cambiare rapidamente, come è avvenuto per la fortuna degli irlandesi.
La crisi del debito è stata finora mitigata in gran parte dagli aumenti delle imposte e dai trasferimenti dal “nucleo” ricco dell’Europa alla periferia. Il problema degli aumenti delle imposte è che non possono continuare senza sosta.

Gettito fiscale totale del governo (% PIL)
Fonte: Eurostat (
2012)
In Europa ci sono già sette paesi in cui il gettito fiscale supera il 48% del PIL. Un tempo solo la Scandinavia era rimproverata per i suoi elevati regimi fiscali e per un vasto settore pubblico. Oggi sia l’Austria che la Francia hanno più della metà della loro economia incentrata sul settore pubblico e finanziata attraverso le tasse. (Notate anche che, mentre entrambe hanno deficit di bilancio pubblico, la mole effettiva del loro apparato statale è ancora più elevata).
Con un elevato tasso di disoccupazione in Europa (soprattutto nelle sue zone periferiche) i governi non possono aumentare molto gli introiti innalzando le tasse – chi pagherebbe? Con livelli di indebitamento già elevati è discutibile di quanto si possano incrementare le entrate da ulteriori emissioni di debito, almeno senza aumentare i tassi di interesse e mettere in pericolo le finanze statali, già fragili, con oneri per interessi più elevati.

Invece, Reinhart e Rogoff vedono due realtà per il futuro dell’Europa: la repressione finanziaria tramite tassi di inflazione più elevati e le imposte su risparmi e patrimoni. Questa volta non è diverso rispetto ad altri casi di paesi fortemente indebitati nella storia dell’Europa – basti guardare agli esempi del dopoguerra come casi esemplificativi. Non dite di non essere stati avvertiti.

16/01/14

Se siete in attesa di un “Collasso Economico”, vi basta guardare cosa sta succedendo in Europa.
Da Michael Snyder di The Economic Collapse blog, 08/01/2014.

Se attendete con ansia l’arrivo del “collasso economico”, vi basta aprire gli occhi e osservare ciò che sta accadendo in Europa. L’intero continente è, in questo preciso istante, un gigantesco caos economico. I livelli di disoccupazione e povertà sono al massimo, le vendite delle automobili sono al minimo e vi è un oceano di prestiti in sofferenza e conti in rosso in ogni direzione. Negli ultimi sette anni, l’attenzione è stata concentrata sulle difficoltà economiche di Grecia, Spagna e Portogallo e le cose continuano senza dubbio a peggiorare in tali nazioni.

Ma nel 2014 e nel 2015, l’Italia e la Francia cominceranno a trovarsi sotto i riflettori. La Francia è la quinta potenza economica mondiale e l’Italia la nona e, in questo momento, le economie di entrambi gli stati stanno cadendo a pezzi. C’è da attendersi che sia la Francia che l’Italia guadagneranno le prime pagine per il resto del 2014. Ho sempre sostenuto che la prossima grande ondata del collasso dell’economia avrà inizio in Europa, ed è esattamente ciò che sta accadendo. 

Le seguenti sono solo alcune delle statistiche che mostrano che un “collasso economico” sta avendo luogo in Europa proprio in questo momento…

-Il tasso di disoccupazione globale dell’eurozona è ancora stabile al massimo storico del 12,1 percento.

-In Italia, il tasso di disoccupazione si è impennato al nuovo record storico del 12,7 percento.

-Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è balzato al 41,6 percento.

-Il livello di povertà in Italia è in questo momento il massimo mai registrato.

-Molti analisti si attendono una rilevante difficoltà economica in Italia nei prossimi due anni. Il Presidente della Repubblica italiano sta mettendo apertamente in guardia da una “diffusa tensione e agitazione sociale“ nel proprio paese nel 2014.

-Citigroup ha stimato che il rapporto tra debito pubblico e PIL dell’Italia supererà il 140 percento entro il 2016.

-Citigroup ha stimato che il rapporto tra debito pubblico e PIL della Grecia supererà il 200 percento entro il 2016.

-Citigroup ha stimato che il tasso di disoccupazione in Grecia raggiungerà il 32 percento nel 2015.

-Il tasso di disoccupazione in Spagna è ancora stabile al massimo storico del 26,7 percento.

-Il tasso di disoccupazione giovanile in Spagna è ora al 57,7 percento – ancora più alto che in Grecia.

-La percentuale di prestiti in sofferenza in Spagna è cresciuta per otto mesi consecutivi ed ha recentemente raggiunto un nuovo massimo storico pari al 13 percento.

-Il numero di nuovi mutui in Spagna è sceso del 90 percento dall’apice del boom immobiliare.

-Il tasso di disoccupazione in Francia è aumentato per 9 trimestri consecutivi e si è recentemente elevato a un nuovo massimo in 16 anni.

-Nel 2013 le vendite di automobili in Europa erano sul punto di toccare il minimo livello annuo mai registrato.

-La Deutsche Bank, probabilmente la più importante banca tedesca, è la banca d’Europa che utilizza la più alta leva finanziaria (60 a 1) e possiede circa 70 trilioni di dollari di esposizione a strumenti derivati.

L’Europa sta realmente vivendo un incubo economico, e non farà che peggiorare.

Sarebbe difficile esprimere a parole l’estrema disperazione che provano in questo momento i lavoratori disoccupati in tutta Europa. Non essere in grado di sostentare la propria famiglia e non riuscire a trovare un impiego, nonostante l’impegno profuso, può essere davvero devastante.
Per avere un’idea del livello di disperazione in Spagna, date un’occhiata al seguente aneddoto da un recente articolo di NPR...

Avete difficoltà a comprendere lo sconcertante problema della disoccupazione nell’Europa meridionale?
Non guardate al di là di un singolo negozio di arredamento Ikea sulla costa mediterranea della Spagna.
Il progetto di aprire un nuovo megastore l’estate prossima nei pressi di Valencia. Lunedì scorso, Ikea ha cominciato a raccogliere le richieste di lavoro per 400 posti nel nuovo negozio.
L’azienda non era preparata a ciò che sarebbe accaduto.
Nel giro di 48 ore, più di 20.000 persone si sono registrate online per questi 400 posti. Il volume di richieste ha causato il blocco dei server Ikea in Spagna.
Naturalmente ciò dovrebbe ricordarvi quanto ho scritto ieri. Stiamo cominciando a vedere questo genere di accese competizioni per posti di lavoro mal retribuiti anche negli Stati Uniti.
Man mano che le condizioni economiche globali continueranno a degenerare, la situazione diventerà ancora più difficile per coloro che si trovano in fondo alla catena alimentare economica. 

I tassi di povertà sono destinati a salire, anche nelle aree in cui non ci si aspetta che possa accadere. Infatti, un nuovo studio ha scoperto che la povertà è già cresciuta in maniera costante in Germania, che è considerata la più forte economia dell’intera eurozona…

Qualche giorno prima delle festività natalizie, la Joint Welfare Association ha pubblicato uno studio sullo sviluppo regionale della povertà in Germania nel 2013 intitolato “Tra prosperità e povertà—un test del punto di rottura”. Lo studio confuta la propaganda ufficiale secondo cui la Germania non è stata quasi toccata dalla crisi e costituisce un’oasi di prosperità in Europa.
Secondo lo studio, la povertà in Germania ha “raggiunto un triste record massimo”. Intere città e regioni sono cadute in una crisi economica e sociale sempre più profonda. “Le forze centrifughe sociali e regionali, misurate in base allo spread dei redditi, sono aumentate sensibilmente in Germania dal 2006,” riporta. La Germania sta affrontando “un test del punto di rottura”.

Naturalmente la povertà continua ad esplodere anche da questa parte dell’Oceano Atlantico. Negli Stati Uniti, il tasso di povertà è rimasto al 15 percento e oltre per tre anni di seguito. E’ la prima volta dal 1960 che ciò accade.

E questo è solo l’inizio. L’avventatezza estrema di banche europee quali la Deutsche Bank e di banche statunitensi quali JPMorgan Chase, Citibank e Goldman Sachs sta infine provocando una catastrofe finanziaria ben peggiore di quella che abbiamo affrontato nel 2008.
Quando questa crisi arriverà, il flusso di credito si congelerà sensibilmente e l’attività economica andrà in stallo. Disoccupazione, povertà e tutti i nostri attuali problemi economici si accentueranno molto, ma molto di più.

Quindi, per quanto male si siano messe le cose ora, la verità è che questo non è ancora niente paragonato a quello che sta per arrivare.


14/01/14

UPDATES 01 2014

Peggior calo del Baltic Dry Index dalla crisi finanziaria

Peggior inizio dell’anno da 30 anni e calo del 40% dall’inizio dell’anno.

(ZH) 
… e in correlazione con l’indice Macro G10…

  (Bloomberg)


Pesante calo del Reddito Disponibile
Andamento del Reddito reale Disponibile (per il consumo) in relazione alle vendite al dettaglio.
Indicatore di rilievo per la valutazione dello stato dell’economia reale (non finanziaria) in quanto rappresenta il reddito residuo dopo le imposte, destinabile al consumo.
 (h/t @Not_Jim_Cramer)

Reddito Disponibile (per il consumo) in relazione alle vendite al dettaglio.
 (Zerohedge e h/t @Not_Jim_Cramer)

02/01/14

L’Europa sta affogando per l’eccessiva presenza dei Debiti Pubblici.


04/03/2013.
(sintesi dell’articolo su Peak Prosperity)

Dopo una pausa temporanea, concessa dal provvisorio calo dei rendimenti e da timidi segnali di ripresa, ricomincia il cammino dell’Europa verso il suo destino.
La tendenza del Debito Pubblico sul PIL ha ripreso la sua traiettoria (dati BCE).
Per prima cosa, facciamo riferimento alla tendenza del Debito Pubblico-PIL per i paesi selezionati (i numeri sono da parte della BCE):




I disavanzi pubblici hanno iniziato a decollare dall’inizio della crisi bancaria-finanziaria e stanno continuando a salire anche dopo l’ultimo rilevamento sul grafico, nel 2012.
Essi riflettono il cattivo andamento economico, la mancanza di volontà di tagliare la spesa pubblica e la contrazione del credito bancario. Solo la Spagna e la Francia erano sotto il “punto di non ritorno” indicato da Carmen Reinhart e Ken Rogoff del 90% del debito pubblico sul PIL (vedere il loro libro “Questa volta è diverso”)  , ma nel caso della Spagna per il 2012, se si aggiungono i € 27 miliardi raccolti per pagare l’arretrato del conto maturato dalle amministrazioni regionali  e i € 40 miliardi fino ad ora (e in aumento) per salvare le banche, oggi la Spagna è prossima al 100% del DP / PIL e la Francia è ormai oltre il 90%.
Il credito bancario posseduto da finanziatori transfrontalieri continua a ridursi, come i dati della Bank for International Settlements, dal momento della crisi bancaria, come evidenziato dal grafico seguente:



Questa è una deflazione di una bolla del credito. Italia, Francia e Irlanda hanno visto le maggiori fuoriuscite. L'Italia ha perseguito una politica aggressiva di imposizione, canalizzando la ricchezza all'estero e scoraggiando le attività economiche, l'Irlanda ha assistito alla contrazione della sua piazza finanziaria, ma la sorpresa è costituita dalla Francia il che suggerisce che le forze deflazionistiche siano più forti di quanto generalmente compreso. Il calo del credito bancario da parte delle banche europee è stato compensato da quelle americane, generosamente,  e presunte troppo grandi per fallire, su mandato della Fed, accumulando un extra di $ 850bn nei primi tre trimestri del 2009. Nel frattempo, le banche britanniche hanno proseguito nella loro routine, aumentando un po’ la loro esposizione a partire dal 2009. Questo è mostrato nella tabella successiva.




Naturalmente, il credito bancario domestico in tutti questi paesi, con la possibile eccezione della Francia, è stato limitato anche a causa della fuga di capitali dalle banche nazionali, come si verifica dai saldi dei TARGET2 nei confronti di Germania, Paesi Bassi, Lussemburgo e la Finlandia.


Questa fuga di capitali è venuta dagli altri paesi in questo grafico e, cosa interessante, c’è una evidenza anticipatoria che il denaro sta iniziando a lasciare la Francia.
Nel complesso la pressione causata da questi squilibri si è rallentata di recente, naturale conseguenza di una pausa nel flusso di cattive notizie, forse, e riflette il successo della BCE nel riportare una certa stabilità. Ciò si riflette anche nel grafico seguente, che raggruppa i prestiti delle banche centrali agli istituti di credito verso i deboli, i forti e gli altri.



Possiamo chiaramente vedere gli effetti della crisi dello scorso anno sulle banche dei GIIPS, ma c'è anche una preoccupante accelerazione in Francia, che costituisce la maggior parte degli "altri".
E 'chiaro che una qualche sorta di stabilità a breve termine è tornata, ma non ci sono evidenze sufficienti per ritenere che la posizione di fondo sia effettivamente cambiata.

Si dovrebbe tenere a mente che i politici europei e i loro consulenti economici, con pochissime eccezioni, non capiscono i mercati e credono che siano quasi solo condizionati della “fiducia”.  Mentre vi è una qualche verità in questa credenza nel breve termine, come la performance del mercato recente suggerisce, l'istituzione politica europea sembra andare oltre, credendo che la fiducia sia tutto. L’attuale strategia economica si sostanzia quindi quasi solo nel parlare ai mercati.

La realtà dietro questa facciata di breve termine è molto diversa. Mentre il tempo passa, i dipendenti pubblici devono essere pagati e il welfare distribuito.
I disavanzi pubblici nella zona euro devono essere coperti con aumenti delle tasse e finanziandosi a debito alla cifra di $ 40 miliardi al mese, in crescendo. E questa è solo una parte del problema, oltre ai governi centrali, anche i governi regionali, le città e i paesi (in particolare nella periferia dell’eurozona) sono nei guai e sono perfino stati sospesi stipendi ai dipendenti, come i medici e gli insegnanti, e i pagamenti per servizi essenziali.

Il costo delle Amministrazioni Pubbliche nella zona euro (che per fini statistici include i governi regionali e locali) rappresenta circa il 50% del PIL. Questa è la debolezza della zona euro: La capacità produttiva della sua economia è schiacciata dal peso eccessivo del governo.
Per chi convenga che l’eccessiva incidenza del Debito Pubblico sul PIL rappresenta un problema, si faccia nuovamente riferimento al primo grafico.

L’incidenza e il suo trend indicano il peso soffocante del debito pubblico, ma soprattutto, proprio perché lo Stato ormai rappresenta la maggior parte dell’economia, che il settore privato non può sostenere questo livello di debito con la tassazione futura.

In conclusione non c'è modo che la ripresa economica possa dare la carta “esci gratis di prigione” per il gruppo di paesi più in difficoltà.

Il trasferimento di ricchezza dal relativamente limitato settore privato ai governi a elevata spesa pubblica non può essere la soluzione, come la Francia stà scoprendo. Se si aumentano le tasse per far quadrare i “libri contabili”, i contribuenti prendono la via.