04/03/2013.
Dopo una pausa temporanea, concessa dal provvisorio calo dei
rendimenti e da timidi segnali di ripresa, ricomincia il cammino dell’Europa
verso il suo destino.
La tendenza del Debito Pubblico sul PIL ha ripreso la sua
traiettoria (dati BCE).
Per prima cosa, facciamo riferimento alla tendenza del Debito
Pubblico-PIL per i paesi selezionati (i numeri sono da parte della BCE):
I disavanzi pubblici hanno iniziato a decollare dall’inizio
della crisi bancaria-finanziaria e stanno continuando a salire anche dopo
l’ultimo rilevamento sul grafico, nel 2012.
Essi riflettono il cattivo andamento economico, la mancanza
di volontà di tagliare la spesa pubblica e la contrazione del credito bancario.
Solo la Spagna e la Francia erano sotto il “punto di non ritorno” indicato da Carmen
Reinhart e Ken Rogoff del 90% del debito pubblico sul PIL (vedere il loro libro
“Questa volta è diverso”) , ma nel caso
della Spagna per il 2012, se si aggiungono i € 27 miliardi raccolti per pagare
l’arretrato del conto maturato dalle amministrazioni regionali e i € 40 miliardi fino ad ora (e in aumento)
per salvare le banche, oggi la Spagna è prossima al 100% del DP / PIL e la
Francia è ormai oltre il 90%.
Il credito bancario posseduto da finanziatori
transfrontalieri continua a ridursi, come i dati della Bank for International Settlements, dal momento
della crisi bancaria, come evidenziato dal grafico seguente:

Questa è una deflazione di una bolla del credito. Italia, Francia e
Irlanda hanno visto le maggiori fuoriuscite. L'Italia ha perseguito una
politica aggressiva di imposizione, canalizzando la ricchezza all'estero e
scoraggiando le attività economiche, l'Irlanda ha assistito alla contrazione
della sua piazza finanziaria, ma la sorpresa è costituita dalla Francia il che
suggerisce che le forze deflazionistiche siano più forti di quanto generalmente
compreso. Il calo del credito bancario da parte delle banche europee è stato
compensato da quelle americane, generosamente, e presunte troppo grandi per fallire, su
mandato della Fed, accumulando un extra di $ 850bn nei primi tre trimestri del
2009. Nel frattempo, le banche britanniche hanno proseguito nella loro routine,
aumentando un po’ la loro esposizione a partire dal 2009. Questo è mostrato
nella tabella successiva.

Naturalmente, il credito bancario domestico in tutti questi
paesi, con la possibile eccezione della Francia, è stato limitato anche a causa
della fuga di capitali dalle banche nazionali, come si verifica dai saldi dei
TARGET2 nei confronti di Germania, Paesi Bassi, Lussemburgo e la Finlandia.
Questa fuga di capitali è venuta dagli altri paesi in questo
grafico e, cosa interessante, c’è una evidenza anticipatoria che il denaro sta
iniziando a lasciare la Francia.
Nel complesso la pressione causata da questi squilibri si è
rallentata di recente, naturale conseguenza di una pausa nel flusso di cattive
notizie, forse, e riflette il successo della BCE nel riportare una certa
stabilità. Ciò si riflette anche nel grafico seguente, che raggruppa i prestiti
delle banche centrali agli istituti di credito verso i deboli, i forti e gli
altri.
Possiamo chiaramente vedere gli effetti della crisi dello
scorso anno sulle banche dei GIIPS, ma c'è anche una preoccupante accelerazione
in Francia, che costituisce la maggior parte degli "altri".
E 'chiaro che una qualche sorta di stabilità a breve termine
è tornata, ma non ci sono evidenze sufficienti per ritenere che la posizione di
fondo sia effettivamente cambiata.
Si dovrebbe tenere a mente che i
politici europei e i loro consulenti economici, con pochissime eccezioni, non
capiscono i mercati e credono che siano quasi solo condizionati della “fiducia”.
Mentre vi è una qualche verità in questa
credenza nel breve termine, come la performance del mercato recente suggerisce,
l'istituzione politica europea sembra andare oltre, credendo che la fiducia sia
tutto. L’attuale strategia economica si sostanzia quindi quasi solo nel parlare
ai mercati.
La realtà dietro questa facciata di
breve termine è molto diversa. Mentre il tempo passa, i dipendenti pubblici
devono essere pagati e il welfare distribuito.
I disavanzi pubblici nella zona
euro devono essere coperti con aumenti delle tasse e finanziandosi a debito
alla cifra di $ 40 miliardi al mese, in crescendo. E questa è solo una parte
del problema, oltre ai governi centrali, anche i governi regionali, le città e
i paesi (in particolare nella periferia dell’eurozona) sono nei guai e sono perfino
stati sospesi stipendi ai dipendenti, come i medici e gli insegnanti, e i
pagamenti per servizi essenziali.
Il costo delle Amministrazioni Pubbliche nella zona euro
(che per fini statistici include i governi regionali e locali) rappresenta
circa il 50% del PIL. Questa è la
debolezza della zona euro: La capacità produttiva della sua economia è
schiacciata dal peso eccessivo del governo.
Per chi convenga che l’eccessiva incidenza del Debito
Pubblico sul PIL rappresenta un problema, si faccia nuovamente riferimento al
primo grafico.
L’incidenza e il suo trend indicano il peso soffocante del
debito pubblico, ma soprattutto, proprio perché lo Stato ormai rappresenta la
maggior parte dell’economia, che il settore privato non può sostenere questo
livello di debito con la tassazione futura.
In conclusione non c'è modo che la ripresa economica
possa dare la carta “esci gratis di prigione” per il gruppo di paesi più in
difficoltà.
Il trasferimento di ricchezza dal relativamente limitato settore
privato ai governi a elevata spesa pubblica non può essere la soluzione, come
la Francia stà scoprendo. Se si aumentano le tasse per far quadrare i “libri
contabili”, i contribuenti prendono la via.